Fieri di aver partecipato alla ristrutturazione di una bellissima villa all'interno del complesso storico de La Mula, ricordiamo la leggenda che accompagna questo luogo da molto, molto tempo e la famosa tomba etrusca a tholos (falsa cupola) risalente al VII sec. AC , ancora oggi in ottimo stato di conservazione.
"«Tra Quinto, Sesto e Colonnata, una mula d’oro è sotterrata»: questo adagio è risuonato negli orecchi di generazioni nella piana. Molti hanno cercato di entrare in possesso di questo fatato animale, che avrebbe portato la ricchezza a chiunque lo avesse trovato, non ottenendo altro che terra, polvere e bestemmie. Le tracce degli scavi sono ancora evidenti: la memoria popolare ricorda che avevano cercato di portare avanti queste ricerche anche gli occupanti tedeschi e poi i liberatori inglesi, entrambi destinati a restare scornati e a non trovare nulla. Le due illustri sepolture a Sesto Fiorentino, la Montagnola e la Mula, scoperta nel 1481, ma poi utilizzata soprattutto come cantina per l’invecchiamento di salami, prosciutti, capocolli e finocchione, erano in realtà tre, ce n’era anche un’altra nel parco di Villa Solaria, che venne poi smontata nel 1820. Dicono per riutilizzare le pietre, ma forse gli scavatori cercavano tesori d’altro tipo e non li trovarono. Considerando anche la necropoli di Palastreto, presso Santa Lucia alla Castellina, si capisce allora che il territorio della piana, crivellato di ipermercati, tra Via Gramsci e la zona nuova verso Peretola, è più interessante sotto che sopra.
D’altra parte lo aveva spiegato più chiaramente di tutti, Carlo Collodi, che alla villa del Bel Riposo del fratello Paolo, a Castello, scrisse Pinocchio, che la realtà nel luogo era piena di doppi fondi, trappole e sorprese. Forse la bambina dai capelli turchini (poi fatina nei vari adattamenti) aveva a che vedere con Alpan, dea dell’amore e dell’oltretomba allo stesso tempo.Nei posti piccoli le voci mormorano, si diceva anzi nell’Ottocento che qualche giovinastro malintenzionato era addirittura sparito, sullo sfondo di prevedibili notti di tempesta e che di loro non si era ritrovato neppure un piccolo ossicino. Che poi si può capire: se gli egizi maledicevano chi scopriva le tombe, figuriamoci gli etruschi che amavano la rappresentazione dell’oscurità. E poi alla Montagnola, da poco riaperta — dopo una lunga chiusura e dopo accurati restauri — alla Montagnola dunque che è circa del VII secolo avanti Cristo, si trattava di una famiglia importante, di dominatori della piana, che avevano voluto lasciare traccia del loro fasto e del loro potere. Tra le divinità etrusche compariva minaccioso Tuchulka, demone nella morte, dal becco di avvoltoio, con grandi ali e orecchie d’asino, che si vede giocare con Teseo in un celebre affresco della Tomba dell’Orco a Tarquinia. Un azzeccato thriller del 1972, L’etrusco uccide ancora di Armando Crispino, usa la divinità vendicativa come chiave di un intreccio di eros e morte, sullo sfondo di paesaggi umbri, con passaggi al Festival di Spoleto, dove, prevedibilmente, è in prova la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. Qualche comare, sottovoce, dichiarava: «era tanto meglio che avessero trovato da lavorare alla Ginori, o anche come manovali», ma ormai era tardi."
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